L'angelo dei muri

Langelo dei muri 3

La vita tranquilla di un uomo viene sconvolta da un avviso di sfratto. Troppo legato alla sua abitazione per poterla lasciare e senza un posto dove vivere, decide di costruire una nicchia tra le pareti dell’appartamento e di continuare a vivere qui, nascosto tra le mura. Quando una madre single con la figlia verranno a vivere nella casa, comincerà la sua strana vita nascosta. Una trama che ricorda Parasite di Bong Joon-ho, ma il film di cui parliamo è L’angelo dei muri, ultimo film del regista indipendente Lorenzo Bianchini, scelto come film di chiusura della sezione Le stanze di Rol del Torino Film Festival. L’angelo dei muri è una favola nera, una storia che a prima vista segue un percorso che può sembrare scontato. Situazioni già viste nel cinema di genere, che conducono ad una rivelazione finale tutt’altro che inattesa. Tuttavia l’impressione che si ha è che il regista sia ben consapevole dei cliché e dei topoi che utilizza, così come è consapevole di ciò che il pubblico si aspetta, riuscendo così a giocare con le sue aspettative. Fin dalle primissime inquadrature Bianchini semina sapientemente degli indizi su quello che sarà il plot twist finale. La pellicola è colma di ammiccamenti e suggerimenti su quella che è la verità, in questo modo per lo spettatore la visione diventa una caccia al tesoro, che consente l’elaborazione di teorie fantasiose. Il finale arriva non tanto come una sorpresa, quanto come una conferma (o una smentita) delle teorie di chi guarda. Peter Zeitlinger, direttore della fotografia legato al cinema di Werner Herzog, dipinge un appartamento triestino che sembra uscito direttamente dalle pagine di un racconto horror inglese, fatto di stanze segrete, ampie camere e luci soffuse. A dare forza al racconto sono anche le interpretazioni dei protagonisti, che hanno in un instancabile Pierre Richard il fulcro del racconto. Una rappresentazione di un uomo disperato e sciupato, il cui attaccamento alla dimora va al di là della semplice indigenza. L’angelo dei muri è un racconto gotico italiano, in cui gli spazi sono protagonisti tanto quanto i personaggi che li abitano. Con la sua operazione di rilettura delle storie classiche di fantasmi, Lorenzo Bianchini riesce ad accompagnare lo spettatore alla scoperta di un mondo sovrannaturale famigliare, ma non per questo meno sfuggente.