Los Zuluagas

Los Zuluagas 1

Titolo originale: Id.

“Quali sono le parole per raccontare l’assenza o la distanza?” chiede, aprendo il film, la voce fuoricampo del protagonista Juan Camilo Zuluega Tordecilla. Figlio di Bernardo Gutierrez Zuluaga, comandante rivoluzionario colombiano, Camilo è oggi un uomo e un padre che va verso i 40, ma era un bimbo di 5 anni quando la madre, Amparo Del Carmen Tordecilla, guerrigliera anch’essa, venne rapita, in pieno giorno, dalle squadre paramilitari. E’ il 25 aprile 1989 e da quel momento il suo è solo uno dei 120.000 casi di “sparizioni” che, come ricorda una delle didascalie finali, si sono registrati in Colombia tra il 1954 e il 2016 in oltre 60 anni di conflitti tra governi e gruppi rivoluzionari armati. Esordio nel lungometraggio documentario di Flavia Montini (classe 1983), Los Zuluagas è una storia forte che ha richiesto un lungo tempo di maturazione creativa e produttiva. Anche se Bernando Zuluaga fu a capo dell’ELP, Esercito Popolare di Liberazione dal 1987 al 1991 non è lui il protagonista del racconto. Insieme alla co-sceneggiatrice Anita Otto la regista sceglie infatti di assumere il punto di vista di Camilo: la sua sfida per integrare una identità divisa tra due nazioni (era arrivato esule in Italia, con la famiglia, all’età di 10 anni) e la ricerca del dialogo mancato con il padre. In realtà, Los Zuluagas racconta il confronto di Camilo con due assenze diverse ma speculari: l’assenza fisica della madre, di cui restavano solo ombre della memoria, e quella affettiva del padre, che fa da contrasto con la sua imponente mole corporea. Mescolando tempi e luoghi della vita dei Camilo e della sua famiglia, il film conferma la centralità, sul piano creativo, del lavoro sulle fonti, in particolare quelle dei ‘film di famiglia’, nel cinema documentario italiano. La regista può esprimere così la sua libertà espressiva, come quando utilizza alcuni ‘scarti’ dei filmati d’epoca e li mette in dialogo con i filmini del viaggio di Camilo in Colombia (dove decide di tornare dopo 25 anni di assenza insieme al figlio e alla sorella). Da segnalare anche il lavoro di risonanza tra materiali visivi e la dimensione narrativa della partitura musicale concepita da Filippo Paolini-Økapi. Quello di Camilo è un percorso di progressiva consapevolezza di quelle ideologie che “mi avevano reso orfano” e di liberazione dalla rabbia verso quel padre, rimasto per lui soprattutto un comandante. Sarà solo il definitivo distacco a segnare la possibilità di un perdono. Camilo rievoca nel film il rituale, svolto insieme alla sorella, della sua sepoltura (Bernardo è morto nel 2008), quel rituale archetipico che i due fratelli non avevano potuto compiere con la madre. Una toccante lettera al padre suggellerà la loro riconciliazione postuma, mentre, alla fine, il volto materno sarà ricostituito nel ritratto dell’artista Sandro Mele del 2017.