Una voce fuori dal coro

Una voce fuori dal coro 1

Titolo originale: Mes frères, et moi

Nour è un ragazzino esile di quattordici anni ed è l'ultimo di quattro fratelli, tutti più grandi di lui e dalle personalità focose, irascibili, mutevoli, figli del quartiere popolare che li ospita e li induce a vivere spesso di espedienti ed occasioni al limite dell'illegalità. Il capo famiglia è a turno uno dei tre grandi, dato che i fratelli sono abituati a fare famiglia tra loro, da quando il padre è morto e la madre è in coma pressoché profondo. Con l'inizio dell'estate anche Nour viene coinvolto per contribuire all'economia familiare e alla cura della madre malata, provvedendo a pulire una scuola chiusa per le vacanze. Proprio lì un giorno incontra Sarah, un'insegnante di canto che lo coinvolge nel suo corso. Per Nour è l'occasione di scoprire una passione innata che gli viene dai genitori, e per aprirsi a un mondo diverso da quello in cui è cresciuto. Opera prima dell'attore Yohan Manca, questa "Traviata" profuma dell'orgoglio del riscatto, nel raccontarci vicissitudini di vita di fatto drammatiche, ma con un gran piglio e una ironia che fa posto ad alcune gag esilaranti, entro le quali un cast di giovani di prevalente origine maghrebina rende al massimo in termini di simpatia ed espressività, senza contare la presenza della "fatina" deliziosa e determinata, resa con ottima voce impostata dalla carinissima Judith Chemla. E poi lui, il piccolo Nour, reso con schietta dolcezza dal fantastico giovane attore Maël Rouin Berrandou, che emozionato ma anche determinato in sala Debussy alla proiezione ufficiale, improvvisa, incalzato dal presidente Thierry Fremaux, qualche strofa dalla Traviata di Verdi, in linea col contesto della bella storia, semplice e schietta senza sbavature sdolcinate fuori luogo. Una ricerca della bellezza che, però, si scontra con un mondo esterno marcatamente contrario. Un contrapposto presente nella messa in scena, con la luce della fotografia firmata da Marco Graziaplena che coglie perfettamente gli umori di un film capace di regalare guizzi emotivi che si reggono sopra una struttura equilibrata e vitale, in cui il valore del racconto è dettato dai sentimenti. Perché Una voce fuori dal coro, come i grandi romanzi di formazione, non cerca mai il dolore diretto (pur essendoci, sempre) ma traslittera per immagini la vitalità disinvolta e gioiosa di un ragazzo di quattordici anni che ha deciso di vivere la sua vita. Rendendo il tutto ancora più vero, ancora più bello.