Come prima

Come prima 3

1957: Sono passati 12 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale. L’ Europa sembra essersi definitivamente scrollata di dosso le macerie causate dalla guerra ed è pronta a venir investita dal treno del progresso industriale e dalle prime forme del consumismo d’assalto. Eppure, nonostante questa apparente situazione idilliaca, Come prima decide di focalizzarsi prevalentemente nella descrizione di un mondo  sotterraneo, decadente (o in astratta costruzione?) e irrimediabilmente lacerato dalla Seconda Guerra Mondiale, abitato solamente dai suoi sopravvissuti che, col passare del tempo, sono diventati degli spettri alimentati dai ricordi. Ed è sempre in un luogo oscuro, una claustrofobica arena per i combattimenti clandestini del profondo sud francese, che si fa la conoscenza di Fabio (Francesco Di Leva), un ex soldato fascista che da anni è lontano da casa e arranca la sua misera esistenza attraverso una stile di vita sempre più tendente all’autodistruzione. Dopo un match perso, mentre torna a casa, viene sorprendentemente trovato da André (Antonio Folletto), suo fratello minore, che dopo diciassette anni di lontananza e di ricerche, è desideroso di riportarlo a Procida, il loro paese d’origine, per dividere l’eredità lasciata dal padre da poco deceduto. Nonostante l’iniziale riluttanza, Fabio alla fine decide di partire con il fratello alla volta di questo lungo viaggio, con la speranza di soddisfare le proprie esigenze economiche e in particolar modo di incontrare dopo tanti anni di silenzio Maria, il suo grande amore giovanile. Forse è questo sadico gioco intrapreso con il passato dei due protagonisti a rendere il film un’opera dal suggestivo fascino quasi esistenzialistico. Il viaggio del violento Fabio e del modesto André viene continuamente tracciato su questa immaginaria mappa che ci mostra due paesi come la Francia e l’Italia ancora memori del conflitto e raffigurati come delle zone verso un perpetuo baratro. Procida sembra il baluardo di questa progressiva sparizione, ma è anche un percorso che va a disseppellire e a trascrivere sulla cartina geografica il difficile vissuto dei due fratelli instabili. A partire dal tatuaggio inciso sulla pelle di Fabio che riporta il nome di Maria, sino alla foto della medesima ragazza nel portafoglio di André, sembra che Come prima voglia accompagnarci alla scoperta dei due personaggi in maniera intima, graduale, senza mai arrivare però alla loro completa conoscenza ma mantenendo saggiamente un mistero attorno a loro. Infatti sono talvolta dei semplici elementi figurativi, altre volte anche dei semplici sguardi a farci cogliere perfettamente le visioni, i tormenti e i nostalgici ricordi provati dai due protagonisti, dove risalta l’ottima interpretazione di Di Leva e Folletto. Però, in questa continua mappatura, è sicuramente l’elemento del ricordo a rappresentare il vero fulcro d’attenzione al quale si rivolge Weber. Sia Fabio sia André, forse troppo spesso feriti e umiliati durante la loro esistenza, arrivano alla fine a rifugiarsi nella benevola illusione dell’evocazione dei ricordi indelebili dei propri amori, di quando si era insieme e felici, per sfuggire anche per un singolo momento dal dolore che li circonda.