E' stata la mano di Dio

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 Le prospettive delle strade appaiono deformate. Le luci degli interni potrebbero arrivare da Kubrick (il lampadario) o Visconti (la casa della Contessa). Con È stata la mano di Dio non è il cinema a dominare. Sono la memoria, il vissuto ad essere in primo piano, ribaltando in parte lo sguardo del cineasta. A 50 anni è forse il punto d’incrocio fondamentale dell’opera di Sorrentino. Fellini in 8 1/2 lo faceva con il suo doppio, Guido Anselmi di Marcello Mastroianni. Per il cineasta napoletano però non ci sono solo le sue visioni. Certo, quelle hanno una parte importante. Maradona visto dentro una macchina a Napoli. È vero? È un altro film costruito nella testa? Fabio, chiamato da tutti Fabietto, è figlio di Saverio e Maria. Frequenta la scuola Don Bosco dei Salesiani, deve prendere la maturità, non ha avuto ancora un rapporto sessuale. La sua famiglia gli è molto vicina. Uno dei suoi desideri è la zia Patrizia, seducente ma ritenuta instabile psicologicamente. L’altro è Maradona. Arriva, non arriva, l’ha già preso la Juventus. Il fratello aspetta di essere chiamato da Fellini, la sorella è sempre chiusa in bagno. Poi un giorno, mentre i genitori si trovano nella casa di montagna a Roccaraso, cambia tutto. E da lì deve trovare la forza per andare avanti. Prima del dramma, È stata la mano di Dio ha un tono scanzonato. Sorrentino apre il suo cinema a 360°. Ci mette il cuore e battute degne della migliore commedia (all’) italiana. Poi c’è la signora Gentile che manda tutti affanculo, il fidanzato di Luisella che si regge appena in piedi ma pensa che il suo stato di salute sia invidiabile: “Non bevo e non fumo”. In più gli scherzi di Maria: la voce di Zeffirelli, l’orso mascherato che spaventa Saverio. È stata la mano di Dio è un film sul desiderio, sulla morte, ma anche uno spaccato di un decennio in cui Sorrentino tralascia in parte tutte le costruzioni visive del suo cinema. C’è lo spettro della voce di Fellini (“ma che bravina che sei”), e poi la presenza fondamentale di Antonio Capuano (con cui il regista scriverà la sceneggiatura di Polvere di Napoli), che insulta e stimola, dichiara senza termini che un’aspirante attrice “ha rotto o’ cazzo”. C’è la commedia e il dramma, anzi insieme commedia e dramma. La vera ‘grande bellezza’ è È stata la mano di Dio con attori che danno tutto il meglio tuffandosi in una storia privata, da Toni Servilo, Teresa Saponangelo, Renato Carpentieri e soprattutto la rivelazione Filippo Scotti, che a un certo punto non è più Fabietto ma Fabio.