Eo

IWP EO foto7 web

Titolo originale: Hi-Han

Liberamente tratto da Au Hasard, Balthazar! di Robert Bresson, il film ha vinto il Premio della Giuria a Cannes 2022. L'asinello EO (interpretato da sei animali diversi) è felice nel circo in cui lavora: ha un rapporto speciale con l'acrobata Kasandra (Sandra Drzymalska), che lo abbraccia e lo accarezza come se fosse un bambino. Lei gli parla e lui la ascolta, quasi come se capisse ciò che dice. E in effetti EO non solo è intelligente, ma formula veri e propri pensieri: attraverso inquadrature dei suoi occhi, flashback e un montaggio che sembra seguire il flusso di coscienza dell'animale, Skolimowski ci fa letteralmente entrare nella sua testa. Quando un gruppo di attivisti costringe il circo a liberare le bestie, l'asino comincia un viaggio che lo porta in giro per l'Europa, e anche in Italia, quasi come un novello Ulisse. È interessante come in pochi anni diversi registi abbiano scelto di raccontare l'umano attraverso gli occhi degli animali: lo hanno fatto Victor Kossakovsky con Gunda, documentario su una scrofa prodotto da Joaquin Phoenix uscito nel 2021, Andrea Arnold con Cow (2021), altro documentario, questa volta su una mucca, e Pietro Marcello con Bella e perduta (2015), in cui un bufalo ha un ruolo centrale. Il tema dell'ecologia e del mondo degli umani visto attraverso gli occhi degli animali non è dunque una novità, ma al cinema, in cui il racconto per immagini viene prima di ogni cosa, nella sua semplicità risulta sempre molto potente. Guardando EO, oltre ai paragoni più evidenti e già citati, abbiamo fatto anche un'ulteriore associazione: un altro film visto a Cannes qualche anno fa, Lazzaro felice (2018) di Alice Rohrwacher. Lì il protagonista è un ragazzo, ma la quasi assenza di parola, lo sguardo smarrito sul mondo e soprattutto la sua purezza nell'approcciarsi alla vita sono gli stessi di EO. L'umanità non ci fa una bella figura nel riflesso degli occhi sgranati di questi personaggi: vediamo un'Europa stanca, malata e isterica, incapace di provare empatia. Il povero asinello si ritrova vittima di tifosi di calcio, camionisti, giocatori d'azzardo. Tutti pensano solamente a se stessi, nessuno ha la voglia di provare a uscire dalla propria forma mentis e guardare il mondo, e l'altro, da un punto di vista diverso. Che è invece esattamente ciò che fa Skolimowski: attraverso il sonoro e inquadrature folli, alternate a una costruzione quasi pittorica dell'immagine (l'attraversamento del ponte), che poi invece scompone, e scene sorprendenti come quella in rosso, il regista ci fa vedere la realtà proprio come la vedrebbe EO. Di più: ci fa provare ciò che prova lui. E, una volta entrati così in empatia con l'animale, è impossibile non provare vergogna per noi stessi. Si fanno tante campagne in favore degli animali, gli attivisti creano slogan, ma una volta che, grazie alla magia del grande schermo, si prova ciò che un animale molto probabilmente pensa nei minuti che lo separano dal macello non si può che sentirsi diversi.