Everything Everywhere All At Once

eeaao 1

Titolo originale: Everything Everywhere All At Once

VINCITORE DI 7 PREMI OSCAR 2023
Everything Everywhere All at Once è una sorprendente e originalissima visione del multiverso. Finisce, ricomincia, termina, riparte di nuovo e potrebbe non finire più dopo i titoli di coda dove i viaggi spazio-temporali potrebbero riprendere. Suddiviso in tre parti (Everything, Everywhere, All at Once), segue i movimenti impazziti di Michelle Yeoh che nel film è Evelyn proprietaria di una lavanderia a gettone. La sua vita è nel caos; deve infatti gestire un matrimonio che sembra arrivato al capolinea, il rapporto con la figlia Joy (Stephanie Hsu) e la figura sempre presente del padre Gong Gong (James Hong). In più è tampinata da una spietata impiegata del fisco (Jamie Lee Curtis) che vuole vederci chiaro sulla contabilità della sua impresa. Proprio mentre si trova nell’ufficio delle tasse viene catapultata nel multiverso e deve ricorrere a tutte le sue variazioni di identità da altri mondi e quelle che ci sono state nel passato e nel futuro per sconfiggere un nemico inarrestabile e invisibile. Everything Everywhere All at Once mescola tutte le vite e i cinema possibili: kung-fu, wuxia, mélò, fantasy, commedia. È un film di spettri che compaiono e si dissolvono. Si potrebbe vedere quello di Jackie Chan; il film infatti era inizialmente pensato per lui. Oppure ricompare e ritorna in carne ed ossa quello di Ke Huy Quan (che interpreta Waymond, il marito di Evelyn), il primo attore bambino di origine asiatica ad avere successo nel cinema statunitense. È incontrollato, ridondante, magnetico, è un film sul cinema (Evelyn attrice alla prima del suo film), ma come Everything Everywhere All at Once può cambiare e prendere tutte le direzioni possibili. Con il pulsante verde e il respiro, tutto può succedere. I combattimenti, grazie allo stunt coordinator Timothy Eulich hanno la fisicità ma anche la leggerezza di un musical o le linee grafiche di un film di animazione. Uno dei motivi di ispirazione, forse anche il punto di partenza, sembra essere il disegno History of Rise and Fall di Manabu Ikeda dove si vedono rami di ciliegio intrecciati, un turbine di pagode e binari del treno. Negli stacchi veloci di montaggio entrano in campo le citazioni più evidenti, da Ratatouille (titolo ripetuto e deformato più volte nel corso del film) e 2001: Odissea nello spazio (la scena con le scimmie nere). Anche se poi i riferimenti più immediati per i The Daniels possono rintracciarsi nell’anarchia formale dei manga giapponesi, gli sketches della serie Tim and Eric Awesome Show, Great Job! o anche i migliaia di video su Youtube di cui Everything Everywhere All at Once cattura le migliaia di storie e le espande come in un tableaux vivant infinito. Il multiverso assume dimensioni più ampie ma i The Daniels avevano già fatto le prove con il loro corto Possibilia del 2014. In più c’è anche l’estetica dei videoclip musicali che i due cineasti hanno già diretto in passato. Infine ritorna la contagiosa follia narrativa del riuscito esordio dei registi nel lungometraggio, Swiss Army Man. Everything Everywhere All at Once sfugge al controllo per le migliaia di direzioni che prende. Lo spaccato familiare, il rapporto tra Evelyn e la figlia Joy propone tutte le prospettive per i loro contrasti ma sottolinea anche il forte legame che le tiene unite. In tutte le vite possibili.

Simone Emiliani da Sentieri Selvaggi