Il male non esiste

Il male non esiste 3

Titolo originale: Sheytan vojud nadarad

ORSO D’ORO MIGLIOR FILM BERLINO 2020

Il male non esiste ha vinto l'Orso d'oro alla Berlinale del 2020, e arriva da noi dopo le chiusure della pandemia e agli inizi di una devastazione bellica di cui nulla sappiamo, nel buio di un futuro incontrollabile. Il regista e dissidente iraniano Mohammad Rasoulof, 50 anni, perseguitato dal regime come 'nemico del sistema', più volte incarcerato, con la proibizione di girare, privato del passaporto, non poté andare a ritirare il premio a Berlino. Il film è molto bello, appassionante, con attori belli e credibili, paesaggi meravigliosi, una serie di improvvise rivelazioni da thriller. Ma ci sarà un momento in cui avremo voglia di vedere un film il cui tema è la pena di morte? Adesso poi che vediamo quotidianamente le immagini di quella imposta agli innocenti ucraini da una guerra, come tutte le guerre, ancor più di tutte le guerre, insensata? La magia di Rasoulof è quella di rendere pacificante, rasserenante il film, assicurandoci che sempre più persone rifiutano leggi criminali imposte da un regime cieco come quello della Repubblica Islamica dell'Iran, dove la pena di morte è ancora largamente applicata. La legge iraniana concede ai familiari dell'assassinato di scegliere tra la punizione in natura, cioè l'esecuzione, oppure il prezzo in natura, cioè il perdono in cambio di denaro. L'abbiamo visto recentemente in un altro film iraniano, Un eroe di Asghar Farhadi, dove un giovane padre di famiglia viene salvato dalla forca col denaro raccolto da una associazione caritatevole. Il male non esiste dura 150 minuti, che scorrono veloci perché è composto da quattro piccoli film, quattro storie diverse, non dalla parte delle vittime della pena capitale, ma di chi è incaricato, obbligato a eseguirla, contro ogni suo principio e capacità, vittima a sua volta di un potere feroce. Nel primo episodio Heshmat è il brav'uomo di famiglia, boia per avere una vita, ma dalle notti insonni di chi non si perdona; nel secondo Pouya è il soldatino di leva, dai 18 ai 24 mesi, che come è d'obbligo per tutti i maschi, dovrà dimostrare il suo patriottismo accompagnando lo sconosciuto condannato di turno sul luogo dell'esecuzione, prepararlo per l'impiccagione, togliere il sostegno dai piedi, seguirne l'agonia. Nel terzo anche Javad è un coscritto, ed è riuscito ad avere tre giorni di permesso per raggiugere la sua amata fidanzata e festeggiare il suo compleanno. Sono momenti dolcissimi di vicinanza, ma qualcosa è successo, un amico di famiglia, un maestro, un intellettuale, è morto e tutti lo piangono. Nell'ultimo episodio la ragazzina Darya che studia in Germania torna per una vacanza dallo zio, che con la moglie fa l'apicultore nel vuoto di un immenso deserto collinare. Un segreto doloroso di famiglia viene rivelato, una ribellione pagata per sempre.

Natalia Aspesi, da La Repubblica