Jane by Charlotte

Jane by Charlotte 3

Titolo originale: Id.

Jane by Charlotte non è un racconto familiare corale, e a tratti fortemente irriverente, come The Rossellinis, ma una raccolta di momenti a due, fra due donne il cui rapporto con lo scorrere dei minuti si fa sempre più viscerale. Charlotte Gainsbourg riprende mamma Jane Birkin come se fosse un soggetto da studiare, da scoprire oltre l’immagine che il mondo ha di lei. Ma Charlotte, figlia di Birkin e di Serge Gainsbourg, con lo sguardo ammirato di figlia, riesce a cogliere gli elementi più profondi di una donna dal passato intenso, felice e doloroso allo stesso tempo. Il documentario non si lascia indietro nulla, esplora anche gli angoli più oscuri e privati, porta lacrime agli occhi di Jane Birkin. Tutta l’intima operazione sembrerebbe però essere rivolta ben poco alla carriera di una grande icona, con sparuti accenni ad essa, quanto più alla vita quotidiana di una donna e di una madre. Jane Birkin viene totalmente spogliata del suo ruolo pubblico, per poter vestire pienamente e senza nessun artificio i panni di se stessa. Non c’è più spazio per il sex symbol che è stata, ora è il tempo di essere nonna, di controllare la propria salute (si parla di una malattia), di guardarsi indietro verso quella che definisce “proprio un’altra vita”. Charlotte chiede di tutto, dalle curiosità sul rapporto con gli uomini al perché lei e Serge non abbiano avuto un altro figlio. “Perché mi sembrava scorretto nei confronti di Kate, visto che così ci sarebbe stato uno sbilanciamento con due fratelli dello stesso letto” la risposta di Birkin. Ed è proprio Kate, figlia del primo marito John Barry, autore di colonne sonore, fra cui quelle di dodici film di 007, a rappresentare quello che è stato forse il capitolo più difficile nella storia di Jane, la quale ne parla con enorme difficoltà e apprensione verso la fine del film. Nel 2013 Kate è morta a Parigi, all’età di 46 anni, precipitando dal quarto piano del suo appartamento e nonostante le circostanze non siano mai state chiarite con certezza, si è ovviamente parlato di suicidio. Birkin si apre sulle sue responsabilità in quanto madre (anche di Lou, avuta da Jacques Doillon), sulle sue angosce, sulle sue difficoltà a dormire. La macchina da presa la fa muovere dentro interni, esterni, in Francia, negli Stati Uniti, lasciando però che il centro di tutto siano soltanto le sue parole e quelle di sua figlia Charlotte a scandire il ritmo del racconto. Il film si chiude con una meravigliosa scena sulle rive del mare, in cui madre e figlia si ritrovano, incorniciata dalle parole dolci e preoccupate che Charlotte dedica a sua madre, alla quale chiede di “insegnarle a vivere” come solo lei sa fare. Si chiude così un enorme tributo personale di un’artista verso un’altra artista, di una creatura verso una la sua creatrice, dove però tutta l’attenzione è su ciò che essere stata Jane Birkin ha lasciato dentro a quella donna in riva al mare, bella e fragile come un tempo, nonostante i suoi settant’anni inoltrati.