Maledetta primavera

maledetta primavera 1

C’è un rito che si fa da bambini, quando si trova un dente di leone: soffiarci sopra, in modo che i semi, come tanti piccoli paracadute, si disperdano nel vento per depositarsi lontano. E, una volta atterrati, attecchiscano e crescano. Con quest’immagine fortemente evocativa si apre Maledetta primavera di Elisa Amoruso. Un’immagine che richiama l’infanzia, i desideri già espressi e quelli ancora da esprimere, ma anche il distacco, la partenza. A compiere questo gesto è Nina, una ragazzina non ancora adolescente che ha appena lasciato casa sua per trasferirsi nella periferia di Roma. Un distacco dunque c’è stato, un allontanamento obbligato a cui avrebbe preferito non andare incontro. Nina vive circondata dal caos di una famiglia problematica - Enzo, il padre mattatore e inaffidabile, che ha il volto e la mimica di Giampaolo Morelli, Laura, la madre premurosa e fragile, interpretata da Micaela Ramazzotti, e infine Lorenzo, il fratellino incontenibile. Ma uno spiraglio c’è. Si chiama Sirley, viene dalla Guyana francese, è mulatta ed è bellissima. Sirley è una boccata d’aria, una creatura inafferrabile e misteriosa che balla la Lambada, il tormentone estivo dell'89. Da quel momento in poi, per Nina, sarà come reimparare a respirare. Dopo Chiara Ferragni - Unposted, il documentario sulla celebre imprenditrice e Bellissime, altro documentario su una madre e le sue tre figlie interamente votate al mondo della bellezza, Amoruso continua a raccontare le donne, questa volta in un film di finzione. L’amicizia tra Nina e Sirley nasce in modo burrascoso per poi sbocciare in un rapporto di attrazione e scoperta reciproca. Le due ragazze si toccano e si esplorano, nell’innocenza tenera e sensuale della prima adolescenza. Ma lo sguardo della macchina da presa non è mai invadente né indiscreto: la regia accarezza delicatamente i corpi e cattura gli sguardi di un amore che sta pian piano nascendo. E che diventa, poi, un legame esclusivo che unisce due giovani donne a cui sono state strappate le radici. Nina è stata portata via dal vecchio quartiere benestante e dalla scuola di musica, Sirley invece dal suo paese d’origine e dalla sua migliore amica, per essere trasportata in una realtà che non le appartiene: una famiglia adottiva, una scuola di suore sempre pronte a dare punizioni e gli occhi cattivi delle compagne di classe. Ma soprattutto, Sirley è stata portata via dalla madre. Le madri sono, insieme alle figlie, le vere protagoniste di questo film: quella assente di Sirley, il cui volto rischia di sbiadire tra i ricordi, e quella presente ma instabile di Nina. Poi, la madre per eccellenza, nella cultura religiosa cattolica: la Madonna. È lei che tutte le ragazze aspirano a interpretare durante la processione imminente, compresa Sirley. Tutte, tranne Nina. A lei non interessa. Poi, quasi per caso, viene chiamata a recitare una preghiera proprio in onore della Madonna. E le sue parole, che esprimono tutta la consapevolezza del più grande sacrificio che una madre possa fare, mettere al mondo un figlio, diventano una dedica alla sua, di madre.