The Father - Nulla è come sembra

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Titolo originale: The Father

MERCOLEDI' 26 MAGGIO IL FILM E' IN VO INGLESE SOTTOTITOLATA IN ITALIANO

Reduce da due Oscar (su 6 nomination) per la migliore interpretazione maschile di Hopkins e migliore sceneggiatura, The Father è un dramma diretto da Florian Zeller e tratto dalla sua omonima pièce teatrale del 2012. Anthony Hopkins e Olivia Colman impersonano una vera e propria situazione emotiva per niente atipica. La storia è quella di Anthony, un uomo anziano probabilmente afflitto dal morbo di Alzheimer, che ne affronta i sintomi: smarrimento, confusione, sbalzi d’umore, deformazione della realtà; il tutto senza rendersi conto della malattia e del suo progredire, continuando a rifiutare l’aiuto continuo da parte della figlia, Anne, sempre più preoccupata e avvilita nel vedere il padre perdere lucidità. Nella ricerca di qualcuno che possa occuparsi di lui, i due affrontano – attraverso i rispettivi ruoli di padre e figlia, entrambi a proprio modo vittime di quella patologia atroce – l’avanzare della malattia e la perdita dell’identità, di ciò che lo rende quindi una persona. L’ansia della figlia cresce quando comunica al padre che, per consolidare una nuova relazione, sta per trasferirsi in un’altra città. In questo flusso costante di memorie – e non memorie – riuscirà Anthony ad aggrapparsi al suo passato per capire il suo presente e ritrovare la propria identità? The Father non è il primo film a trattare di Alzheimer o demenza senile, ma si distingue nel modo in cui la racconta: attraverso lo sguardo di chi ne è vittima, mostrando ciò che vede, sente, vive. Due interpreti maestri dell’emotività controllata portano addosso il peso di una storia, o forse non storia; un esperimento che parte dal teatro e passa per il cinema, ma che soprattutto vuole essere un’esperienza multimediale di narrazione in cui vengono manipolati luogo, tempo e spazio per arrivare a un fine. Siamo lontani dall’effetto de Il sesto senso o di Fight Club: non si cerca di “imbrogliare” lo spettatore attraverso la distorsione della realtà, ma di renderlo partecipe a questa forma di verità che esiste, che accade. Come Fincher ha dato al pubblico gli stessi occhi e orecchie di Edward Norton, facendolo entrare nella sua mente psicotica, Zeller fa lo stesso senza necessità del colpo di scena finale; il pubblico, messo in una condizione di sovrapercezione, qui è consapevole da subito del problema che affligge i personaggi. Ed é importante che lo sappia. Un gioco che spinge a chiedersi chi sia realmente il protagonista: gli attori o gli spettatori? Ricordi, volti e luoghi si mescolano nella mente dell’anziano protagonista così come agli occhi del pubblico. In questo caso non c’è l’analisi della malattia o lo svilimento per la perdita che questa comporta, ma c’è la rappresentazione di un perenne stato confusionale che rende tutti partecipi della crudeltà intrinseca di una malattia che è cosi reale. Un declino interiore che ristagna nella perdita d’identità, che portata avanti nella consapevolezza crea una risposta di non accettazione, e lo si percepisce non solo dalle reazioni ma anche dai volti. Ma Anthony, seppur infrenabile, può soltanto limitarsi a seguire quel che succede – la narrazione – nel suo svolgersi univoco e senza controllo, nel dolore nostalgico per la perdita di mondi e tempi perduti. La memoria rappresenta il meccanismo attraverso cui l’uomo costruisce una narrazione del sé, e il film il contenitore che imprime le immagini di questa memoria, come ricordi che prendono vita in proiezione. Sia nel film che nella memoria le sensazioni passate possono riaffiorare dal nulla; le memorie sono proiettate nella mente come in una sala. Nel film come nei ricordi il tempo non è lineare, ed entrambi fungono come mezzo per viaggiare tra passato e presente.