Amarcord

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Anni Trenta. Illustrata dalle dotte spiegazioni dell'avvocato, la vita del Borgo scorre tra ricorrenze, accadimenti stagionali e piccoli casi privati. Vent'anni dopo I Vitelloni, Fellini ripensa alle proprie origini, mescolando come sempre amore e odio, distacco e nostalgia, giudizi e complicità. E come sempre facendo tutto a Cinecittà, passaggio notturno del transatlantico Rex compreso. Film apparentemente in tono minore ma in realtà tra i più coesi e riusciti, Amarcord è sintomaticamente ovattato, variazione snervata su un tema solo superficialmente un po' logoro, ma in realtà capace di prospettare una lettura del passato fascista interessante e acuta, smontando il mito dall'interno e mostrando la mediocrità del regime e del popolo che l'ha accettato, con la trovata della crescita zero di Titta, sempre in calzoncini corti, e il Fascismo come stagione storica della nostra vita, blocco dell'uomo alla fase adolescenziale. Musica di Nino Rota e fotografia di Giuseppe Rotunno. Oscar come miglior film straniero, David al film e alla regia.

 

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