Inizi ‘900. In un’isoletta del Nordest Agata partorisce una bambina nata morta, e il prete della comunità di pescatori cui appartiene non può battezzarla. Ma la giovane donna non accetta che sua figlia resti “un’anima perduta nel limbo”, vuole riconoscere la sua identità affinché non sia “mai esistita”, e un uomo le indica la possibile soluzione: portare la piccola in Val Dolais, fra le montagne innevate dell’estremo nord, dove “c’è una chiesa in cui risvegliano i bambini morti”. Basta un respiro, e si può dare un nome, liberandoli dal limbo. Agata intraprende il viaggio verso quel santuario a metà tra il religioso e il pagano, con la sua creatura dentro una scatola di legno, e sulla strada incontrerà Lince, un personaggio con molti segreti da difendere. Un film di una esordiente, un’opera miracolosa dove il classico viaggio dell’eroina è fatto di carne viva, dolore e di una oscurità di straziante bellezza, in cui le inquadrature sono imbevute di un gusto pittorico e di una tradizione cinematografica (soprattutto quella di Ermanno Olmi) profondamente, radicalmente italiani. Il viaggio di Agata, come ogni percorso femminile, è una staffetta per portare un poco più avanti il testimone secondo un movimento irreversibile, ed è capace di far ritrovare la propria femminilità anche a chi l’ha negata.
Introduce il film la sceneggiatrice modenese ELISA DONDI