Salò o le 120 giornate di Sodoma

Salo 16

Durante la repubblica di Salò quattro fascisti – il duca, il monsignore, l’eccellenza e il presidente – fanno sequestrare in una villa giovani di entrambi i sessi e li usano per il proprio piacere, eccitati dai racconti (dedicati alle manie, alla merda e al sangue) di tre narratrici. Quei corpi nudi del film, totalmente alla mercé, non sono però mai davvero posseduti dal Potere, hanno una impenetrabilità e inviolabilità assoluta. E lo spettatore proiettandosi in quelle immagini si ritrova ancora, come nel dispositivo rappresentativo del cinema classico, messo in scena. Nauseante nel film è piuttosto quel dispositivo, ora dominante, che colloca lo spettatore nel fuori campo, trasformato in padrone dei corpi che vede o consenziente e entusiasta di essere oggetto, imprigionato e vessato come nel Grande Fratello. Insomma, Salò vede la nostra cacciata “fuori dal cinema”. Il produttore Grimaldi fu processato e assolto per “corruzione di minori e atti osceni in luogo pubblico”.

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