Il lago delle oche selvatiche

lago

Titolo originale: Nan Fang Che Zhan De Ju Hui

Zhou esce dal carcere e finisce immediatamente in una violenta contesa tra gang, che si conclude con l'uccisione di un poliziotto. Braccato dalla legge e dai rivali, è costretto a fidarsi di una prostituta, Liu, forse innamorata di lui. Opera seconda di un regista già vincitore di un Orso d'oro a Berlino con Fuochi d'artificio in pieno giorno e accreditato dai più come l'autore cinese su cui puntare per il futuro, il film conferma a più riprese come le speranze su Diao Yi'nan siano state ben riposte. Le improvvise esplosioni di rabbia e di violenza che sopraggiungono a interrompere momenti quasi contemplativi sono spesso quadri corali, in cui la regia ha sempre il controllo della più caotica delle situazioni. La presenza vistosa della macchina da presa è alla base delle scene più memorabili: la rissa iniziale, che darà vita a un'inesorabile reazione a catena, così come la sparatoria durante il ballo di gruppo sulle note di Rasputin di Boney M, in cui le suole luminose degli apprendisti ballerini catturano l'attenzione dello spettatore e lo guidano attraverso i campi lunghi di Diao, ad abbracciare le molteplici realtà della Cina odierna. La misera, l'avidità, l'occidentalizzazione che si insinua e l'ancestrale legge del Jiang hu (il senso dell'onore cavalleresco che caratterizza le contese mafiose) che regna sopra ogni cosa scorrono in un'ideale carrellata orizzontale. Ed è ancora più forte l'impronta stilistica in un montaggio frenetico di animali selvaggi, talmente criptico da non permettere di capire con certezza su che piano di realtà ci si stia muovendo, se in uno zoo, teatro di una sparatoria, o in una fantasia di guardie e ladri, predatori e prede. Al centro c'è nuovamente una figura femminile, Liu. Liu ha molti padroni e in fondo non ha alcuno. La sua identità ambigua si contrappone alla semplicità del suo oggetto d'amore: Zhou, il fuggiasco, erede degli occidentali Mitchum e Belmondo. Il cinefilo Diao rivisita il cinema in bianco e nero, facendo vivere di vita propria le ombre proiettate sulle pareti.

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