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Uno dei processi più assurdi e scandalosi del Dopoguerra italiano: sotto mentite spoglie di accusa di plagio (reato introdotto dal codice Rocco), a essere condotta al banco degli imputati fu l’omosessualità. La sentenza, emessa nel 1968, è indicativa della dissociazione dei centri di potere rispetto a ciò che stava accadendo nella società. L’imputato, Aldo Braibanti, partigiano antifascista, poeta, filosofo, mirmecologo e artista, che si è occupato di teatro, cinema, politica, è invece tra le espressioni più compiute di quella stagione di rivoluzione. Una figura vergognosamente rimossa, che il film riporta alla luce.
Al termine incontro con la regista