Past Lives

Past Lives 1 6

Titolo originale: Id.

CANDIDATO ALL'OSCAR 2024 PER IL MIGLIOR FILM E MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE

Una lunga sequenza di apertura in un bar mostra una donna attorniata da due uomini. Possiamo provare a indovinare i loro rapporti: amanti, amici, colleghi? Celine Song, in questo film fortemente autobiografico, già pluripremiato e in corsa per l’Oscar, esplora i turbinii dell’amore (ricordi, rimpianti, speranze, paure…) ma non solo. Alla storia romantica se ne affianca un’altra, più defilata, sullo sradicamento. La vicenda si dipana infatti tra due continenti e tre diverse epoche. Mette anche in discussione la nozione coreana di inyeon, le connessioni emotive che compongono il destino delle anime gemelle. Tutto questo senza alcun artificio, solamente attraverso i dialoghi e gli sguardi. La regista ci parla di emozioni che chi ha meno di vent’anni non può provare. Evoca storie d’amore di adulti che hanno già percorso molta strada nella vita. Arriva un momento, come arriva nel film, in cui mettiamo in discussione la nostra capacità di amare e di essere amati, magari dopo che abbiamo vissuto una grande storia. Un interrogativo che nel cinema ha avuto il suo archetipo in Un uomo e una donna di Lelouch. Il legame tra un amore passato e un amore possibile lo abbiamo visto anche nei film di Spike Jonze, Lone Scherfig, Wong Kar-Wai… Hae Sung e Nora, ragazzini innamorati in Corea prima dell’esilio della giovane in Canada, si rincontrano dopo vent’anni. Lei è sposata con un americano e vive a New York. E’ l’occasione per fare il punto sui propri sentimenti ed evocare la nostalgia per il tempo passato. E se, alla fine, i due avessero perso qualcosa delle loro vite? Il fascino che emana dal film scaturisce dalla sua paradossale semplicità, dalla naturalezza dei personaggi. Il colpo di fulmine per lo spettatore non è immediato, la storia ha bisogno di tempo per sedimentarsi, flirta con il melodramma senza però sprofondarvi. “E se prima…”, “e se altrove…”: sono domande esistenziali, che tutti ci accomunano. La contrastata storia d’amore del film conduce all’unica risposta possibile: accettare la vita così com’è, come essa si è venuta a sviluppare quasi per germinazione spontanea. Dobbiamo allora riscostruire un’altra forma di relazione, dilatata dal tempo e dalla distanza, quella che Goethe chiamò affinità elettiva. Nel corso di lunghe passeggiate (cosa c’è di meglio che camminare per riflettere e confidarsi? “Soprattutto, non perdere La voglia di camminare […] Basta continuare a camminare e andrà tutto bene”, ha scritto Kierkegaard in una lettera del 1847 alla cugina Jette) la regista riesce a guidarci con maestria attraverso vari colpi di scena emotivi e psicologici. Decifra con semplicità e grazia l’impronta indelebile che qualcuno può lasciare nella nostra vita, anche quando non c’è più o non ne vuol più sapere di noi. Mostra la complessità umana e il gioco a tratti malizioso del destino come mezzi per far fronte alle leggi inesorabili dell’attrazione. Perché, in questo avvincente dramma sentimentale, sospeso tra romanticismo e disillusione, si tratta davvero di desideri e rimpianti. Infine, il film è anche una bella favola filosofica sul modo in cui il tempo si impone su di noi, modellando le nostre vite e abbassando drasticamente il numero delle scelte che abbiamo a disposizione. Come si può contrastare tutto ciò? Ma poi, vale davvero la pena di contrastarlo?

Alberto Morsiani