The Store

The Store 1

Titolo originale: Butiken

The Store è un film di mostri. Un film di maschere deformi, quasi ci trovassimo di fronte ad un horror, dove, però, è la brutalità della società contemporanea, prima a spaventare e poi ad atterrire lo spettatore. Tutta la crudeltà di un mondo governato dal capitale viene così esplicitata in un dialogo diretto tra realtà ed animazione stop-motion. E così, in un’opera che ragiona per sineddoche, la regista svedese Ami-Ro Sköld sviluppa una narrazione dalla valenza universale, ambientandola all’interno di un piccolo discount svedese, dove le nuove e stringenti condizioni di lavoro imposte dai vertici della multinazionale, a capo del supermercato, incrinano definitivamente le relazioni umane tra i dipendenti del negozio, che saranno costretti a contendersi le pochissime ore di lavoro che saranno loro concesse. Intanto, al di fuori del discount, un gruppo di senzatetto ha fondato un accampamento di tende e baracche. Vivono recuperando scarti alimentari dai cassonetti del discount dove, quotidianamente, si verifica uno scontro con i commessi che, col passare del tempo, sopporteranno sempre meno i nuovi arrivati. La regista svedese, arrivata al suo secondo lungometraggio, indaga sulla natura più meschina dell’animo umano ma soprattutto sulle dinamiche che ne innescano i comportamenti più barbari e crudeli. Per farlo, si serve sapientemente di un mix tra live action e animazione, dove quest’ultima ha la funzione di sostituire la parola, mettendo in connessione i protagonisti attraverso i corpi e la teatralità dei loro gesti. Ecco che un discount viene trasformato in un teatro di burattini, dove dipendenti e clienti di cera si mostrano in tutta la loro disumanità. La realtà mette a nudo le difficoltà, le sofferenze derivate dall’impossibilità di conciliare una vita normale con orari di lavoro massacranti e stipendi da fame. La “necessità” della multinazionale, proprietaria della catena di discount, di abbassare il costo del lavoro del 5% per generare capitale innesca un pericoloso circolo vizioso all’interno del supermarket che diventerà presto una gara di sopravvivenza, in cui non c’è spazio per l’altruismo o il dialogo con l’altro. È un “tutti contro tutti” che mette a nudo l’essere umano in tutta la sua brutale amoralità. Gli unici che sembrano salvarsi sono dei senzatetto, proprio quelli che non rimangono coinvolti nelle dinamiche consumistiche, ormai sovrane nella nostra società. Il loro recupero del cibo scaduto, le “mele marce”, che marce non sono, non è solo un atto di sopravvivenza, è soprattutto un inconsapevole gesto di sfida al mercato e al suo ritmo forsennato, pieno di scadenze e quintali di alimenti buttati. È un gesto in controtendenza rispetto ad un mercato sempre più elitario dove il sottoprezzo, mascherato da pratica virtuosa per permettere a tutti di mangiare, viene compensato dalla bassissima retribuzione dei lavoratori, costretti a lavorare ad orari impensabili a chiamata. Ami-Ro Sköld elabora questa feroce critica sociale, scagliandola proprio verso il cuore del Welfare state europeo: la Scandinavia, ribaltando così lo stereotipo del “modello nordico” con cui identifichiamo i paesi del nord Europa, elevati spesso a modello virtuoso di economia sociale.