Mi fanno male i capelli

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DOMENICA 22 OTTOBRE, DOPO LO SPETTACOLO DELLE 20, LA REGISTA ROBERTA TORRE INCONTRA IL PUBBLICO IN SALA

Nel geniale Sherlock Jr. il grande Buster Keaton è un proiezionista che entra, in sogno, in un film in cui ritrova gli stessi personaggi della realtà, ma nel quale ha modo di comportarsi eroicamente. Al risarcimento onirico segue quello nella vita reale. Molti anni più tardi, in Provaci ancora Sam, Woody Allen, critico cinematografico in crisi, grazie alle apparizioni del suo idolo Bogart riusciva a riacquistare fiducia in se stesso. Il potere salvifico del cinema è un tutt’uno con la sottile parete che distingue realtà e sogno. L’idolo di Monica, nel film di Roberta Torre, è la sua omonima Monica Vitti (una sua celebre battuta di Deserto rosso, spesso fonte di ilarità nello spettatore, dà il titolo al film), una icona che nei suoi film ha impersonato ogni tipologia di donna, tra commedia e dramma, forza e debolezza, intraprendenza e fragilità. Una donna senza stereotipi, umanissima, il prototipo di femmina moderna. La protagonista ha un problema, sta perdendo la memoria a causa di una sindrome irreversibile: ecco che il cinema viene in suo soccorso, perché, identificandosi con i personaggi della Vitti, Monica trova il modo di ridare un senso alle cose. Si veste come lei, la imita, rivive le scene dei suoi film, si identifica al punto da confondere la finzione con la realtà. Non importa: in questo modo si salva. In altri termini: Monica perde la sua memoria, ma acquista in cambio la memoria del cinema, un cinema che forse non c’è più in quella forma ma che, in una certa misura, ci sarà per sempre, proiettando sullo schermo sogni e desideri eterni. Quella che compie la Torre è in verità una sorta di messa in abisso, perché, partendo da un caso estremo, scoperchia quella che è la segreta natura di ogni visione cinematografica, nel corso della quale lo spettatore, anche se non sta perdendo la memoria come Monica, si identifica quasi inevitabilmente con uno a sua scelta dei personaggi del film, attua un transfert su di lui. Al fianco di Monica sta il marito Edoardo, una bella figura non compromessa di maschio una volta tanto protettivo, tenero, resiliente, amorevole. Soffre, il marito, anche per problemi economici, ma soffre in un modo pacato, dignitoso. Edoardo impersona nel film il principio di realtà, che cerca all’inizio di imporre alla moglie; ma quando si rende conto che lei si sta perdendo nelle sue illusioni, non esita a schierarsi al suo fianco e ad accompagnarla con tenerezza nelle vite che lei si sta ricostruendo. Il gioco di lei diventa così la possibilità di una nuova esistenza della coppia. Il gusto di antica data di Roberta Torre per la sperimentazione linguistica e per la commistione dei generi trova brillante espressione in questa storia che scorre sul crinale sottile tra realtà della vita e sogno del cinema.