Dopo aver ritrovato la madre e il resto della famiglia, una donna californiana intraprende un percorso nel suo dolore e nelle sue paure, nei suoi bisogni e nei suoi desideri fino a scoprire dentro di sé la forza per guarire le ferite del passato. Andrea Pallaoro si rivela un maestro nell’avvicinamento progressivo ad un personaggio raccontandolo grazie a dettagli che si assommano formando tessere dopo tessera un puzzle dell’animo. Perché Monica ha lasciato (o è stata costretta a lasciare) la madre tanti anni prima e ora fa ritorno alla casa in cui è nata e cresciuta sperando in un riconoscimento? Nel film il tormento è interiore e si esplicita a poco a poco, chiedendo allo spettatore di mettere a disposizione il suo tempo per conoscere e comprendere, nonché sperare in un esito di reciproca conciliazione che apra la strada, almeno in un microcosmo familiare, alle generazioni future che vedano davanti a sé un percorso privo di barriere ed ostacoli dettati dal pregiudizio che impedisce l’ascolto delle ragioni dell’altro. Impedendo agli animi di diventare come piscine infestate da erbacce.