Titolo originale: Ayeh haye zamini
Un film suddiviso in nove episodi di vita quotidiana a Teheran ognuno definito dal nome del protagonista. Si va da chi cerca un lavoro ma non conosce abbastanza il Corano a chi ha perso il cane contravvenendo alla legge. C’è la bambina che viene sempre più bardata (è il termine corretto) di abiti per tornare a scuola il primo giorno così come il regista che si deve veder approvato preventivamente il copione, salvo poi che nella realtà questo film viene presentato in giugno a Cannes e il mese scorso al regista Ali Asgari le autorità iraniane hanno vietato di lasciare il Paese e di dirigere film fino a nuovo avviso. Kafka a Teheran è un’operazione di resistenza civile iraniana, semplice e diretto nel comunicare il proprio grido di ribellione. Un puzzle i cui pezzi, una volta composti, offrono un quadro forse più agghiacciante di quanto ci si potesse attendere, anche se siamo tutti purtroppo a conoscenza di quanto recentemente accaduto in Iran con atti di repressione violenta: la capillare presenza in ogni risvolto della vita quotidiana offre in misura ancora più forte il senso di uno stato teocratico che si infiltra nel tessuto dei propri cittadini.